Allacciate le cinture!
Di pelle o corda, catena o gomma, plastica o cuoio, camoscio o pitone, e vernice o metallo, la cintura proposta alla Fashion Week di Parigi di quest’anno è allacciata: alla borsa (Maison Martin Margiela), al collo e alle scarpe (Louis Vuitton), all’abito (Anthony Vaccarello, Comme des Garçonnes) e al corpo della modella (Rick Owens).
Una vera e propria cintura umana sembra, infatti, essere il défilé di Rick Owens dove le modelle sfilano a due a due legate da bretelle e cinture. Antony Vaccarello usa invece il metallo: un piercing gigante che tiene unita la parte superiore a quella inferiore del capo. “Tenetevi forte!” è il motto della Fashion Week di quest’anno: come non sentirlo dentro al Grand Palais – l’areoporto Cambon N.5 – dove le cinture di sicurezza sono tra i capelli delle modelle, nelle valigie, e nei video proiettati durante la sfilata.
La cintura, sottile o spessa, flessibile o rigida, tanto decorata da poterla definire quasi un gioiello, o semplicissima, è ancora oggi un must have della moda. E’ il più antico elemento decorativo dell’abito (insieme alla fibula) e un accessorio essenziale per la sua versatilità (nonostante nasca per sostenere il peso dall’abito). Nell’antichità classica la cinta assume un ruolo altamente simbolico all’interno dell’abbigliamento: a Creta solo danzatrici e cortigiane potevano indossarla (sopra il famoso chitone); nel Medioevo indica donne di rango, e ai ceti più poveri è vietato indossarla. Con il passare gli anni la cinta diventa sempre più importante all’interno dell’abbigliamento femminile: ci si appendono monili e specchietti. Dopo la Prima Guerra Mondiale la cinta diventa un accessorio indispensabile in tutte le fogge della moda femminile: nel 1947 con il New Look proposto da Christian Dior la cintura scopre il nuovo punto vita – la famosa “Vita da vespa” – più alto e più stretto rispetto a quello proposto negli anni precedenti.
Con grandi marchi come Hermès – che presenta il classico modello bicolore con la fibbia a forma di H – a partire dagli anni Settanta la cinta è insieme a borsa e scarpe l’accessorio che determina lo stile e il valore di un abito: Givenchy porta in passarella il modello a Bustier, Louis Vuitton, Gucci, Fendi e Burberry presentano il modello base, caratterizzato dal logo che contraddistingue il brand.
Un nuovo utilizzo, anzi ri-utilizzo della cintura, è fatto da Maison Martin Margiela, all’inizio del nuovo secolo: corsetti e giubbotti costruiti e cuciti interamente da cinghie e cinture usate.
“Allaccia le cinture” anche quest’anno Maison Martin Margiela.
La Maison propone “corde come cinture” e “cinture come corde”: allacciate al corpo delle modelle e alle borsette sulle spalle, annodano queste ultime, che così diventano zaini.
Sono cucite all’abito le cinture di Vaccarello, Louis Vuitton e Comme des Garçonnes proposte alla Fashion Week: trasformista per natura, sembra un piercing all’ombelico, che unisce e divide l’abito quella di Anthony Vaccarello.
Louis Vuitton sembra sfidare la gravità facendo ricadere verso l’alto una cinta in pelle nera, legata dal punto vita fino al collo.
Cinturini compaiono poi su scarpe e colli delle modelle. Comme des Garçonnes ricopre di pelliccia il punto vita della modella, già ingombrata e ingombrante di un non-abito, e sembra allacciare il tutto sul davanti.
Se, per definizione, la cintura dovrebbe “sostenere l’abito, con Comme des Garçonnes è appurato che le definizioni servono solo a essere smantellate: qui è infatti l’abito a sostenere la cintura, che forse non è altro che parte importante e integrante dell’abito stesso.